Raffaello Sanzio, di Urbino, non fu solo uno dei pittori più apprezzati nella storia della pittura. Le sue opere stabilirono infatti un canone di bellezza rimasto immutato per secoli, mentre la sua figura – quella di un giovane maestro morto a soli 37 anni – non ha mai smesso di essere un mito per ogni generazione.
Raffaello Sanzio – La vita
Nato nel 1483, Raffaello fu figlio “d’arte” di Giovanni Santi, pittore alla corte di Urbino. Dal padre apprese i primi rudimenti del mestiere, mentre al palazzo dei Montefeltro poté ammirare le collezioni del duca: un assortimento del meglio della pittura europea dell’epoca. Il giovanissimo Raffaello frequentò anche la bottega del Perugino (un pittore di gran moda e – pertanto – molto richiesto all’epoca) lavorando principalmente in Umbria fino ai primi anni del Cinquecento. Dal 1504 al 1509 Raffaello scoprì Firenze e i suoi capolavori, dai quadri ormai storici alle ricerche perseguite dai contemporanei Leonardo e Michelangelo.
Circondato dall’aureola della fama, Raffaello fu chiamato dal papa a Roma apprestandosi, venticinquenne, alla lavorazione delle Stanze, ancora oggi fiore all’occhiello (con la cappella Sistina) dei Musei Vaticani. Ottimo conoscitore delle tecniche sviluppate dalla pittura quattrocentesca, maestro del colore dotato di uno stile di disegno classicistico fatto di ritmi, armonie e misure, Raffaello costituisce ancora oggi uno dei risultati più alti del Rinascimento italiano.
Un successo che non fu tributato solo dai posteri: la bottega di Raffaello a Roma fu una delle più attive del periodo, divenendo una vera e propria scuola per molti pittori (da Giulio Romano a Pierin del Vaga) destinati a propagandare lo stile del maestro in tutta Italia. L’urbinate, vero e proprio genio poliedrico, si dedicò pure all’architettura (prendendo parte anche al cantiere della basilica di San Pietro in Vaticano) e allo studio delle antichità romane, grazie alla nomina papale a “soprintendente” per le antichità di Roma. Morì a Roma il 6 aprile 1520, un venerdì santo, a soli 37 anni, pianto da tutta la città, dal Papa e dalle molte ragazze cui fece girare la testa.
“Qui giace Raffaello: da lui, quando visse, la natura temette d’essere vinta, ora che egli è morto, teme di morire”
(Epitaffio scritto da Pietro Bembo per la tomba di Raffaello)
“Raffaello. Il sole delle arti” una mostra unica ed eccezionale
L’incredibile serie di opere in mostra è stata possibile grazie alla collaborazione di prestigiosi Musei europei: dai Musei Vaticani al Kunsthistorisches Museum di Vienna, dal Victoria and Albert Museum di Londra agli Uffizi passando per la Galleria Nazionale delle Marche di Urbino e il Museo di Capodimonte di Napoli (solo per citarne alcuni). La mostra vuole ricostruire, al di là della vita, la carriera artistica del pittore, indagando nei rapporti tra Raffaello e gli altri artisti (amici, maestri o concorrenti che fossero). Inoltre, la particolarità della mostra consiste anche nell’accento posto sulle arti applicate (dagli arazzi all’oreficeria) con cui Raffaello ebbe a che fare. L’attenzione data a questo genere di arti non si ferma solo a questo: per secoli, infatti, varie opere del maestro urbinate furono riprodotte su arazzi, monete e maioliche, facendone conoscere il nome al mondo intero e cementandone il mito. Così la rassegna di arti applicate nella mostra serve a mostrare la genesi del mito, il come Raffaello divenne, nei secoli, uno dei protagonisti universalmente acclamati della cultura occidentale.
La mostra, curata da Gabriele Barucca e Sylvia Ferino, ha come presidente del comitato scientifico Antonio Paolucci, già ministro dei beni culturali e soprintendente del polo museale fiorentino, oggi direttore dei Musei Vaticani.
La cornice della mostra: la Reggia di Venaria Reale
Bene protetto dall’Unesco dal 1997, 80 000 metri quadri di Reggia, 60 ettari di giardini cui aggiungere il borgo storico addossato ai cancelli: Venaria è un capolavoro che ancora oggi riesce a stupire. Grazie ai suoi tesori barocchi e alle molte mostre che si sono succedute negli anni, la Reggia di Venaria Reale è diventata un vero e proprio punto di riferimento per il turismo internazionale. In cima alla classifica dei musei più amati dei turisti dei social, la Reggia di Venaria Reale è stata visitata da 631 693 persone solo nel 2014: numeri che la proiettano tra le meraviglie più visitate d’Italia.
Cosa vedere alla Mostra di Raffaello
La Maddalena di Pietro Perugino:
quadro emblematico del catalogo del pittore umbro, annoverato tra i maestri di Raffaello. L’allievo riuscirà nelle sue opere a riproporre e a sviluppare ulteriormente quella dolcezza e quella grazia tipiche di Perugino, qui ben rappresentate.
Le Muse di Giovanni Santi:
piccolo ma delizioso esempio dell’opera del padre di Raffaello. Pensate per il tempietto del palazzo di Urbino, i dipinti esibiscono una cultura visiva assolutamente al passo con le tendenze “di avanguardia” dell’arte quattrocentesca.
La Muta di Raffaello:
tra tutte le opere del Maestro presenti in mostra questa colpisce maggiormente il visitatore. L’intensità dello sguardo e le mani che tradiscono una segreta irrequietezza rendono a pieno tutta la profondità psicologica del ritratto. Un vero capolavoro, curato soprattutto nei particolari.
Serie di arazzi La pesca miracolosa:
tratti da un cartone preparatorio disegnato da Raffaello per gli arazzi del Papa, le copie esposte in mostra danno un’idea di quanto l’opera raffaellesca fosse copiata e ammirata in tutti gli angoli d’Europa e di come, anche grazie a queste copie, il mito di Raffaello non sia mai stato dimenticato nei secoli.
Marcantonio Raimondi:
la mostra presenta molte opere di questo incisore rinascimentale, che ebbe modo di conoscere Raffaello a Roma. Raimondi fu uno dei primi incisori a copiare le opere dei maestri del Rinascimento, tra i primi propagatori a mezzo stampa dei capolavori italiani nel mondo. Ebbe quindi un ruolo tutt’altro che secondario per la storia dell’arte e la mostra di Venaria, in un certo qual modo, lo celebra.