Oltre alla tecnica, i suoi quadri si fanno ammirare per la ricchezza di informazioni che sono capaci di trasmettere: dalla moda alla grafica pubblicitaria, dai volti di una nobiltà fatta di cappellini, brillantina e tagli alla maschietto fino al cinema e ai richiami – neppure tanto velati – alla bellezza classica, italiana, di Michelangelo e del Pontormo. Un mondo così algido e nel contempo assolutamente selvaggio – feste, alcol e cocaina – che l’artista seguì anche dall’altra parte dell’oceano, dove tra ville e piscine della costa pacifica un altro Grand Monde, quello di Hollywood, viveva le sue stagioni ruggenti.
Una donna moderna
Tamara De Lempicka nacque – probabilmente – nel 1898 a Varsavia. Proveniente da una famiglia russa agiata, in buoni rapporti con la corte dello zar, allo scoppio della rivoluzione d’ottobre riparò in Francia, dove iniziò a studiare pittura e, successivamente, a esporre. Riuscì a imporsi lanciando sul mercato, oltre ai suoi quadri, il proprio personaggio: una donna votata alla modernità, libera, indipendente (nonostante i due matrimoni) un po’ arrivista e – soprattutto – protagonista di una mondanità alla ricerca di nuovi modelli in cui rappresentarsi. Un’amazzone contemporanea, capace di essere coerente con il suo personaggio nonostante l’avvicendamento serrato di anni e scenari: con lo scoccare della secondo guerra mondiale Tamara si trasferì infatti dalle grandi città europee alle capitali mondane oltreoceano, New York e Los Angeles. Qui, a causa delle critiche ricevute per le sue ultime opere molto vicine all’arte astratta, decise di smetterla con pennelli e tele. Divenuta baronessa grazie al secondo matrimonio, Tamara De Lempicka fu riscoperta dal grande pubblico solo nel 1972, in seguito a una mostra antologica dedicatale dal Palais du Luxembourg, a Parigi. Morì in Messico, a Cuernavaca, dove viveva dal 1978; le sue ceneri furono sparse sul vulcano Popocatépetl, quasi come un’ultima performance d’artista.
La mostra di Torino
La mostra di palazzo Chiablese ha il grande merito di immergere il visitatore nel pieno delle atmosfere dell’Europa déco. Così, se le pitture non fossero già abbastanza evocative, il percorso si compone anche di numerose foto, alcuni video e soprattutto un piccolo Cinéac ricostruito. In questo modo il visitatore può empatizzare meglio con le opere esposte, mentre l’atmosfera di quegli anni folli permea tutto l’allestimento. La mostra, curata da Gioia Mori e prodotta da 24 Ore cultura, affronta l’artista con un approccio a 360 gradi: articolata in ben sette sezioni, la visita permette di scandagliare al meglio tutti gli elementi che compongono il mito di Tamara De Lempicka. Si parte così dalle case e dai luoghi abitati dall’artista per poi passare ai virtuosismi della tecnica pittorica e ai capolavori déco che ne segnarono la fama. Ampio spazio è dato anche agli aspetti privati della vita di Tamara: dalla figlia Kizette (ricordata con due quadri eleganti e maliziosi quali La Comunicanda e Kizette al balcone) all’amore (indagato partendo dalla bisessualità della pittrice) fino ai grandi nudi in cui le sue modelle, eleganti e sensuali, assumono l’aspetto di vere e proprie opere di architettura funzionalista, come le case in cui la baronessa abitò. Una nota a parte va invece riservata alla sezione dedicata alla fede e alla religiosità di Tamara, le cui opere religiose, relegate spesso in secondo piano, dimostrano invece avere una dignità pari ai dipinti più famosi e trasgressivi.
Palazzo Chiablese
Dopo il grande successo dei Preraffaelliti lo scorso anno e la mostra sulle Avanguardie russe quest’inverno, Palazzo Chiablese si conferma un contenitore ideale per le mostre-evento a Torino. Il palazzo, che ospitò nelle sue stanze donne come Paolina Bonaparte e la regina Margherita, con Tamara De Lempicka conferma la sua centralità all’interno del panorama museale torinese e, più nello specifico, del nuovo Polo Reale di piazza Castello.
Cosa vedere alla mostra:
- Le due Amiche (1923): il tema, l’amore saffico, si addice perfettamente al personaggio dell’artista. Il nudo disteso, nonostante la forte geometrie con cui è composto, riesce a trasmettere dolcezza e abbandono a differenza dell’amica seduta, forte e quasi monumentale.
- Kizette sul balcone (1927): vestita come una baby diva di Hollywood la bambina ci scruta con uno sguardo obliquo, ambiguo, mentre la città dietro di lei sembra uscire da una pellicola espressionista tedesca.
- Jeune fille en vert (1927-30): il quadro fa da manifesto all’intera mostra e non solo: la libertà e l’indipendenza di Tamara De Lempicka si ritrovano perfettamente in questo ritratto. Quella che vediamo, avvolta nei drappeggi geometrici del vestito verde, è una donna moderna, che guarda avanti a sé con sguardo deciso.
- La Vierge bleue (1934): quadro a soggetto religioso, prodotto dell’attenzione e dell’aspetto più intimo della pittrice, quello legato alla fede e alla spiritualità. Eccellente mix tra le Madonne della tradizione e i canoni della De Lempicka nella rappresentazione della bellezza femminile.
- Il Cinéac: (termine che nasce delle parole “cinéma” e “actualité”) indica sale specializzate nella proiezione di cinegiornali, in voga nella Francia degli anni ’30. In quello ricostruito nella mostra si proietta Un bel atelier moderne, dove possiamo scoprire Tamara De Lempicka intenta a dipingere.