- Le Residenze sabaude
riconosciute beni Unesco dal 1997 (si tratta di un lungo elenco di edifici tra cui spiccano Palazzo Madama, Palazzo Reale, il Castello del Valentino, buona parte di piazza Castello e la villa della Regina – all’interno della città di Torino – la Reggia di Venaria, la Palazzina di Stupinigi e i Castelli di Moncalieri, Rivoli, Racconigi e Pollenzo – più o meno limitrofi al capoluogo piemontese). - Una parte dei Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia
(nella fattispecie Belmonte, Crea, Domodossola, Ghiffa, Oropa, Orta e Varallo Sesia) entrati nella Lista Unesco nel 2003. - Due siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino
a Viverone (TO) e Mercurago, (NO), dei 156 disposti in sei nazioni europee, dichiarati beni patrimonio dell’umanità nel 2011. - I Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato
l’ultimo sito iscritto alla lista nel 2014.
Ma come si fa a far riconoscere un bene come patrimonio dell’umanità? E soprattutto com’è il presente e come sarà il futuro di questi beni così importanti? Per scoprirlo siamo andati a fare due chiacchiere con l’ing. Marco Valle, di SiTI (Istituto Superiore sui Sistemi Territoriali per l’Innovazione) associazione costituita nel 2002 dal Politecnico di Torino e dalla Compagnia di San Paolo, che di recente si è occupato della candidatura dell’area delle Langhe-Roero e Monferrato alla Lista del patrimonio mondiale dell’umanità.
Buongiorno. La prima domanda che sorge spontanea è: come si candida un sito alla Lista Unesco? Chi può richiedere di candidare un bene alla Lista?
Dipende dal bene in oggetto, non c’è un iter stabilito. A volte la richiesta arriva dal basso, dagli abitanti dei territori che riconoscono al bene un valore particolare, altre volte da enti, regioni e così via. Indubbiamente ciò che fa maggiormente gola è il richiamo turistico che può animare il territorio per cui viene espressa la candidatura e proprio per questo l’Unesco ha posto dieci criteri di inserimento nella Lista abbastanza rigidi [si va da «rappresentare un capolavoro del genio creativo umano» a «offrire esempio eminente di un tipo di costruzione o di complesso architettonico o di paesaggio che illustri un periodo significativo della storia umana» fino a «contenere fenomeni naturali superlativi o aree di bellezza naturale eccezionale e di importanza estetica» NDR].
Nel momento in cui si intuisce che il bene ha effettivamente un valore eccezionale, come si procede?
Innanzitutto bisogna lavorare sulla definizione di valore universale del bene, nonché sugli elementi che contraddistinguono il sito. Una volta definito il valore del bene bisogna presentarsi al Ministero dei Beni e Attività culturali e del Turismo (MiBACT) e attraverso questo iscriversi a una Tentative list presso l’Unesco. A quel punto arriva il momento di lavorare al dossier da presentare per l’accettazione della candidatura. Si tratta di un lavoro lungo e impegnativo (i dossier possono essere composti da più di tre volumi e comportare anche due anni di lavoro) da consegnare il primo febbraio di ogni anno. Segue l’ispezione al sito candidato da parte dell’Unesco che notifica il verdetto 18 mesi dopo la consegna del dossier. L’iter complessivo di candidatura è solitamente intorno agli 8 – 10 anni.
Parlando invece di turismo, quali sono gli effetti immediati riscontrabili in un bene diventato patrimonio dell’Umanità? Un esempio potrebbe essere quello delle Langhe, nella lista Unesco solamente dal giungo 2014.
Da quando Langhe, Roero e Monferrato sono entrate a far parte del patrimonio Unesco il Piemonte ha conosciuto una crescita dei flussi turistici pari al 4%. Se consideriamo che per lo stesso periodo il dato nazionale è molto più basso – intorno all’1% – capiamo facilmente quanto sia stato forte “l’effetto Unesco”. Questo successo è ricavabile anche da altri segnali, oltre che dai numeri: la Lonely Planet ha infatti inserito il Piemonte tra i dieci posti più belli d’Europa. E questo non è certamente un caso. Inoltre l’Unesco si è dimostrato un eccellente volano anche per le realtà turistiche finora ritenute marginali all’interno del territorio delle Langhe, del Roero e del Monferrato. Ne è un ottimo esempio l’ecomuseo della Pietra da Cantoni, che ha visto lievitare in maniera eccezionale il numero dei visitatori (un aumento quasi del 90% dal giugno 2014). Una vera e propria rivitalizzazione.
Lei pensa che questa percentuale così alta sia dovuta soprattutto al richiamo del brand Unesco?
Indubbiamente il marchio Unesco costituisce un motivo di richiamo per molte persone in tutto il mondo. Ci sono turisti che hanno una fiducia incondizionata verso questo ente, arrivando a visitarne i beni in lista da ogni parte del mondo. Si è stimato, in questo senso, che il valore del brand Unesco equivalga a una campagna mediatica pari a due milioni di dollari: questo solo per fare capire quale e quanto forte sia il richiamo internazionale che in questo momento il Piemonte ha nel campo del turismo mondiale.
Fin qui il boom iniziale. Ma successivamente, nei prossimi anni, ci sono previsioni di crescita per i flussi turistici sulle Langhe o è una febbre destinata a spegnersi?
Al momento della presentazione della candidatura è necessario redigere anche un piano di gestione capace di prevedere l’evoluzione dei flussi turistici nel territorio. Nel caso delle Langhe, dopo l’impatto iniziale, il medio termine prevede un flusso costante di turisti proveniente soprattutto dall’estero. Un turismo di qualità, più che di quantità, attento sia all’aspetto paesaggistico e culturale sia a quello enogastronomico.
E il territorio è pronto ad accogliere questo tipo di turismo?
Al momento il territorio è in grado di fornire un’accoglienza di qualità, gestendo bene gli attuali flussi turistici. Non si tratta però di accoglienza su larga scala e da un certo punto di vista questo può essere un bene. Personalmente, infatti, ritengo che il futuro del patrimonio paesaggistico sia intimamente legato alla qualità del turismo che l’area riuscirà ad attrarre. Viceversa, impostare il discorso su un aumento esponenziale dei flussi potrebbe risultare controproducente allo stesso bene paesaggistico, che rischierebbe di essere danneggiato dalla costruzione di strade più grandi, alberghi o edifici turistici capaci di compromettere l’equilibrio e l’unicità di queste terre. Paradossalmente si rischierebbe, nel nome di un valore universale quale quello rappresentato dalla lista Unesco, di perdere l’identità stessa del bene. Il che, va da sé, è l’esatto opposto rispetto al senso stesso della candidatura.
Esiste una formula, un modo per indirizzare così le cose? Oppure tra dieci anni le Langhe si saranno appiattite fino a diventare l’ennesimo stereotipo costruito per il turismo internazionale?
Nel caso di Langhe, Roero e Monferrato la speranza è che gli agricoltori – e con loro gli abitanti delle colline – continuino a custodire e a tramandare il patrimonio paesaggistico esattamente come hanno sempre fatto. Spero che si continui con quella tradizione piemontese fatta di caute aperture e di rispetto per la tradizione che negli anni ha portato a ottimi risultati nella conservazione delle meraviglie naturali e delle particolarità del luogo.
Un’attenta sensibilizzazione al bene è quindi il prossimo obiettivo per quanto concerne Langhe, boero e Monferrato?
Questo obiettivo in realtà è già una parte intrinseca al percorso stesso. Sin dalla fase progettuale, ogni azione, ogni attività intrapresa sul territorio o in tutto il Piemonte è stata impostata con lo scopo di sensibilizzare sulla bellezza e le particolarità di questo territorio patrimonio dell’umanità. È la consapevolezza dell’importanza di questo bene e la responsabilità della sua conservazione che mi premono. E questi sono valori che si possono trasmettere solamente attraverso un percorso, una presa di coscienza da parte di tutti gli attori in gioco (dagli abitanti ai turisti, dalle pro loco ai municipi) e non solo attraverso la tutela svolta dalla regione Piemonte e dall’Associazione per il Patrimonio dei Paesaggi vitivinicoli.
Cercando di allargare lo sguardo vorremmo chiederle ora come vede la convivenza di quest’area con Torino e con gli altri beni Unesco che costellano tutto il Piemonte? C’è il rischio che la notorietà delle Langhe possa nascondere in qualche modo gli altri beni? Oppure è possibile articolare delle sinergie turistiche sul territorio regionale?
Senza dubbio i successi turistici delle Langhe e di Torino devono essere il volano per tutti gli altri beni Unesco piemontesi. In questo senso lo sforzo maggiore penso debba essere fatto per creare un vero e proprio sistema, un distretto Unesco, capace di coordinare e armonizzare i beni già presenti. Dobbiamo infatti ragionare sul fatto che il Piemonte è un’area veramente particolare. Quanti altri posti possono offrire una così ricca offerta turistica al visitatore? Un turista in Piemonte può vedere, in pochi giorni, Torino e le residenze sabaude, per poi spostarsi sulle colline delle Langhe e del Monferrato, risalire fino ai sacri monti e ai laghi. Tutto è molto vicino e, nel contempo, particolare: il Piemonte deve insistere con forza su questa ricchezza di scenari compresenti nell’arco di pochi chilometri.
Quanti altri posti possono offrire una così ricca offerta turistica al visitatore? Un turista in Piemonte può vedere, in pochi giorni, Torino e le residenze sabaude per poi spostarsi sulle colline delle Langhe e del Monferrato, risalire fino ai sacri monti, ai laghi. […] il Piemonte deve insistere con forza su questa ricchezza di scenari compresenti nell’arco di pochi chilometri.
Un distretto Unesco potrebbe quindi garantire la convivenza delle molte anime che compongono il panorama turistico culturale del Piemonte?
Il successo del patrimonio paesaggistico tra Langhe e Monferrato penso sia dovuto anche al mix di elementi diversi capaci di assommarsi in un unico sistema. Se si pensa che all’interno del patrimonio Unesco Langhe-Roero e Monferrato convivono felicemente – integrandosi l’un l’altro – tre diverse aree con sei sistemi produttivi vinicoli, un monumento e le architetture vernacolari del Monferrato, allora l’idea del distretto Unesco non può che essere un modo per allargare ulteriormente il discorso. Lì il mix diventa ancora più grande e, proprio per questo, ancora più intrigante. Ed è proprio in quest’ottica che diventa ancora più importante la candidatura del Parco del Po a “riserva della biosfera UNESCO”. Con l’approvazione di quest’area da parte dell’Unesco si creerebbe anche una spina dorsale capace di unire tutti i beni patrimonio dell’Umanità conservati in Piemonte. Un modo per rendere il distretto una realtà geografica, prima ancora che turistica.
Il futuro, per i beni Unesco piemontesi, è quindi il gioco di squadra?
Sinceramente penso che il futuro e la sopravvivenza di questi beni dipenda proprio dalla capacità che avranno di fare rete. Non credo troppo alla politica dei grandi eventi, capaci di fissare l’attenzione generale per qualche giorno e poi sparire, lasciandosi dietro un vuoto progettuale circa la crescita del bene. Di contro una rete tra i diversi patrimoni piemontesi potrebbe invece programmare la crescita per tutti i beni in campo, facendo in modo che uno possa giocare di sponda per l’altro, in un organismo capace di far crescere e nel contempo tutelare il patrimonio dell’umanità conservato in Piemonte.
Per saperne di più:
- L’Unesco: (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization) è un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite, fondata nel 1945 con lo scopo di promuovere la pace e la comprensione reciproca attraverso la promozione della cultura, della scienza e dell’istruzione. Ha sede a Parigi e attualmente conta al suo interno 195 Paesi più 9 membri associati. Dal 1972 l’Unesco ha iniziato a stilare una Lista dei beni che rappresentano delle particolarità di eccezionale importanza culturale e/o naturale. A oggi i beni inclusi nella Lista sono 1031; in Italia – nazione capofila della Lista – se ne contano ben 51.
- Marco Valle: Ingegnere per l’Ambiente ed il Territorio, lavora a SiTI- Istituto Superiore sui Sistemi Territoriali per l’Innovazione occupandosi di valorizzazione e gestione dei siti UNESCO, lo sviluppo di metodologie per la valutazione degli impatti ambientali, il monitoraggio dei sistemi complessi. Ha coordinato più di trenta progetti (molti dei quali internazionali) di grande interesse quali la candidatura a sito UNESCO dei paesaggi vitivinicoli piemontesi di Langhe-Roero e Monferrato, lo studio della capacità di carico turistica dei Beni Culturali in collaborazione con il Ministero dei Beni Culturali italiano, il Piano Transfrontaliero Marittime Mercantour focalizzato sullo sviluppo sostenibile e integrato, il Piano di gestione del centro storico di Napoli, la creazione di un Web GIS a Cipro in collaborazione con UNDP, molti progetti sul sito UNESCO di Alberobello. E’ inoltre autore di circa 30 pubblicazioni sulle tematiche oggetto della sua attività.