Cibo & Vino

Tartufo, che passione! Il tartufo bianco, tesoro del Piemonte: Alba la celebra con la fiera annuale

Dall'8 ottobre al 27 novembre la capitale delle Langhe ospita la kermesse dedicata al tartufo bianco. Una storia che affonda le radici nell'epoca romana e arriva fino ai giorni nostri, sulle tavole dei golosi...

L’autunno esalta il Piemonte enogastronomico. Il cambio climatico, i primi freddi e l’arrivo di prodotti stagionali introducono a una cucina con pochi eguali in Italia, in questo periodo. A tavola è un trionfo di agnolotti e tajarin, bolliti misti e arrosti, esaltati dai vini originati dalle colline dove si sta completando la vendemmia. Chi possiede un camino comincia a godere del piacere delle caldarroste, chi non lo possiede si rivolge a chi ancora le vende per strada. E immancabilmente, sia che il tempo sia stato propizio o meno (ma, ahinoi, il già caro prezzo salirà inesorabilmente), l’autunno è il tempo del tartufo.

Nei boschi piemontesi si trovano i tartufi più pregiati

Nei boschi piemontesi si trovano i tartufi più pregiati

Tra Langhe, Roero e Monferrato

Parliamo di un fungo ipogeo (ovvero: che si sviluppa interamente sottoterra) diffuso su tutto il territorio italiano. La sua crescita richiede, per l’appunto, innanzitutto condizioni meteo particolari: una primavera mite e umida, seguita da un’estate calda – ma con acqua – e da un autunno in cui il gelo sia clemente. Poi sono necessarie i terreni e le piante. Il tartufo vive infatti in simbiosi con diversi varietà di albero, tra cui quercia, nocciolo, salice, tiglio e pioppo: le spore si appoggiano sulle radici e originano il processo di crescita. Per questo la diffusione è nazionale ma le migliori varietà sono localizzate, secondo gli esperti, in tre zone: Marche, Umbria e, per l’appunto, Piemonte, quello delle colline di Langa, Roero e Monferrato. E la nostra regione rappresenta l’eccellenza perché grande produttrice del Tuber Magnatum Pico, altresì conosciuto come il tartufo bianco. Il massimo.

Gioachino Rossini era un gourmet d'eccezione, grande amante del tartufo

Gioachino Rossini era un gourmet d’eccezione, grande amante del tartufo

Da Apicio a Rossini

Una fortuna ultramillenaria, quella del tartufo. Nel De re coquinaria ci sono sei ricette a lui dedicate da Marco Gavio Apicio, un gourmet della corte imperiale vissuto a cavallo tra primo secolo avanti Cristo e primo secolo dopo Cristo. Quelli conosciuti a Roma si suppone provenissero dall’Africa del nord e occorre inquadrarli nei singolari gusti dell’epoca. Per questo Apicio li tratta male, secondo i nostri canoni. Basti pensare che in una preparazione propone di raschiarli, lessarli, salarli e infilarli in uno stecco, su cui arrostirli. Quindi un passaggio in tegame con olio, salsa di pesce, vino dolce cotto, miele e pepe fino alla bollitura. Povero tuber… Tartufo che non perde colpi nel corso dei secoli. Le famiglie nobili di Milano, come i Gonzaga e gli Sforza, li facevano approdare sulle loro tavole direttamente dal Piemonte e Gioachino Rossini ne era golosissimo. Il grande compositore pesarese, amante della buona cucina al punto da cimentarsi in prima persona, farciva i tacchini con i tartufi (raccontava di aver pianto tre volte nella sua vita, una di queste perché un tacchino era caduto in acqua durante una gita in barca…) oppure li adoperava per salse con cui accompagnare la selvaggina. Erano quelli neri delle sue zone.

Giacomo Morra, l'uomo che ha rivoluzionato il mondo del tartufo bianco di Alba

Giacomo Morra, l’uomo che ha rivoluzionato il mondo del tartufo bianco di Alba

La rivoluzione di Giacomo Morra

I nostri tempi hanno invece in Giacomo Morra l’uomo che ha trasformato il tartufo bianco da ricchezza locale in prodotto conosciuto a livello internazionale. Figlio di una famiglia di contadini di La Morra, nel 1928 rileva ad Alba l’hotel Savona, rimodernandolo per renderlo il luogo irrinunciabile per chi si fermi in città e il punto d’incontro preferito per i potenti del luogo. Allo stesso tempo Morra si dedica al tartufo, grande ricchezza della zona di cui intuisce le enormi potenzialità. Nel 1930 nasce la Tartufi Morra, prima azione di commercializzazione e trasformazione del Tuber Magnatum Pico. Una volta capito come conservarlo per poterlo spedire, comincia un’opera di marketing intelligente, che va oltre l’Italia. I tartufi di Morra vengono inviati ai grandi di tutto il mondo. A presidenti come Harry Truman, a registi come Alfred Hitchcock, ad attrici come Marilyn Monroe, rendendoli popolari e, al tempo stesso, oggetto di una caccia da parte di gourmet, vip e non.

Il tabui, ovvero il cane da tartufo: il grande alleato del trifolao

Il tabui, ovvero il cane da tartufo: il grande alleato del trifolao

Trifolao e tabui

Una caccia che non è mai stata semplice. Il tartufo bianco è difficile (quasi impossibile) da riprodurre come un prodotto qualsiasi di campo. Occorre andare a cercarlo nei boschi e occorre essere bravi a farlo. Un compito riservato ai trifolao, a quelle persone che si alzano nel cuore della notte e cominciano una ricerca che è una caccia al tesoro. I luoghi di elezione sono gelosamente tenuti nascosti, tramandati di padre in figlio, e le rivalità possono anche essere feroci. Una caccia in cui, come per la selvaggina, è fondamentale il contributo del cane. Sono diversi gli animali il cui olfatto è così sviluppato da riuscire a individuare il tartufo sottoterra. Maiali e cinghiali ne sono un esempio, con un problema: trovano il tuber e se lo mangiano… Il cane no, e non esiste una razza eletta per questo lavoro, escluso il Lagotto romagnolo. Il trifolau è accompagnato dai tabui, ovvero quei bastardini dall’albero genealogico traballante da ma dall’olfatto finissimo, educato con pazienza dal loro padrone (esiste anche una scuola: l’Università del cane da tartufo, a Roddi d’Alba). Per questo il cane è prezioso, quanto la conoscenza dei terreni.

Le vie di Alba si animano nei giorni della Fiera del tartufo bianco

Le vie di Alba si animano nei giorni della Fiera del tartufo bianco

I giorni della Fiera

E Morra è nuovamente decisivo per un’altra intuizione, quella di unire in maniera diretta due mondi: i trifolao e la clientela. Non tanto il ristoratore, che ha i suoi fornitori di riferimento, quanto, piuttosto, chi vuole portare a casa un tartufo da consumare quando e come vuole. Dietro la sua spinta nasce la Fiera del tartufo d’Alba, giunta all’edizione numero 86 e in programma dall’7 ottobre al 26 novembre. Ogni fine settimana, nel Cortile della Maddalena, è possibile prendere parte a diversi eventi. Innanzitutto il mercato mondiale del tartufo bianco d’Alba. Qui i trifolao mettono in vendita quanto raccolto, tartufi su cui vigila l’opera di una Commissione qualità, che li esamina prima di ammetterli al mercato: quelli sopra i dieci grammi sono conservati in un sacchetto numerato, che vale come garanzia e anche come cambio, se la qualità non è ritenuta all’altezza. Non solo tartufi, comunque, perché nel Cortile sono presenti anche cento espositori che rappresentano le eccellenze enogastronomiche della regione. E, per chi lo volesse, è organizzato anche un corso di analisi sensoriale, quantomai prezioso per sapere come scegliere, conservare e apprezzare un tartufo.

Un piatto di tajarin, uno dei modi migliori con cui celebrare il tartufo bianco a tavola

Un piatto di tajarin, uno dei modi migliori con cui celebrare il tartufo bianco a tavola

Tajarin, fonduta e uova

Alla Fiera, infine, insegnano come consumare il tartufo. Non solo al corso di analisi sensoriale, ma anche all’Alba Truffle Show, ovvero l’evento in cui sono protagonisti gli straordinari chef del Piemonte. I numeri uno della cucina raccontano i segreti delle ricette negli show cooking e propongono le loro interpretazioni del tartufo. Piatto golosissimi anche se, come i piemontesi doc insegnano, sono tre le declinazioni per eccellenza del tartufo: a scaglie sui tajarin, sulla fonduta e sulle uova al palet, quelle cotte nel burro fuso in un piccolo tegame. Ma avete mai provato con il gorgonzola?

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