Verso la fine degli anni Venti, dopo alcuni anni investiti a Torino da illuminato emigrante Giacomo Morra fece ritorno ad Alba e rilevò – pare per la cifra non elevata di 4500 lire – l’albergo ristorante Savona, mettendo così a frutto i ricavi messi da parte durante la sua esperienza torinese. Il 15 agosto 1928, seduti a un tavolo del ristorante Savona, ci sono il conte Gastone di Mirafiori – deputato del regno e nipote di re Vittorio Emanuele II –, il podestà di Alba, avvocato Giulio Cesare Moreno, e l’ex sindaco della città, il medico Giovanni Vico. Discutono tra di loro di chissà quali questioni. Arrivato il momento del dessert, Giacomo Morra passa a salutare i suoi clienti e a scambiare le solite quattro chiacchiere; argomento meteorologico: primi 15 giorni di agosto piovosi, poca e brutta uva ma probabilmente molti tartufi. E la gettò lì come fosse un’intuizione improvvisa: «A nessuno è mai venuto in mente di fare un mercato del tartufo?» Dopo qualche obiezione e non poche discussioni, il solo conte Gastone credette nell’idea e la fece propria: l’autunno di quello stesso anno ebbe luogo una piccola anteprima che vide andare venduta tutta la merce acquistata. L’anno successivo, novembre 1929, veniva allestita la «Fiera Mostra Campionaria a premi dei rinomati tartufi delle Langhe» di cui ideatore, promotore e sostenitore non poteva che essere l’esimio titolare dell’Hotel Savona, signor Giacomo Morra. Durante il successivo decennio la fiera guadagna una certa importante notorietà e l’albergo ristorante Savona diventa il luogo deputato dove si può gustare la migliore cucina di Langa, ma data la situazione politica italiana fuori degli angusti confini del Piemonte l’eco di queste imprese poco o punto risuona.
Il grande lancio della Fiera
L’autunno del 1945, finalmente liberi, gli albesi ritornarono con passione anche maggiore, malgrado lo stento dopoguerra, a organizzare la loro irrinunciabile fiera. Alba, fin dallo storico documento del 28 maggio 1170 che decretava l’istituzione di un mercato da tenersi ogni sabato nella piazza del Comune, si può considerare una città con inscritta nei cromosomi l’attitudine a organizzare mercati, feste e fiere. Appare dunque chiaro che in un simile terreno di coltura l’idea geniale di Giacomo Morra non poteva che attecchire e con il tempo fruttificare con dovizia. La prima edizione del 1929 fu svincolata dalla Fiera Vendemmiale: il successo fu strepitoso e immediato con treni e pullman, zeppi di gente, che arrivavano non soltanto dai paesi vicini ma addirittura da Torino. L’anno successivo, visto il risultato insperato, fu costituito un comitato organizzatore alla cui presidenza fu chiamato Gastone Guerrieri (1878 – 1943), che resse la presidenza del comitato fino al 1940 e, per certo, fu l’artefice di eventi importanti che diedero ulteriore lustro alla fiera: l’edizione del 1936 fu inaugurata dal principe ereditario Umberto di Savoia. Nel frattempo, la manifestazione aveva ricevuto il marchio di Fiera del Tartufo d’Alba, era diventata provinciale, la durata era stata prolungata a un’intera settimana e il programma s’era arricchito con lo svolgimento del Palio degli asini, sfilate di carri allegorici, bande musicali, gare sportive, convegni ecc. Che il quotidiano La Gazzetta del Popolo, allora il più importante giornale del Piemonte, avesse da subito sposato e incoraggiato la causa era un fatto abbastanza prevedibile, non così scontato fu l’interesse dell’inglese Times che, in un reportage datato 28 novembre 1933, esalta la manifestazione albese e l’unicità dei suoi tartufi bianchi.
Il palio degli asini
L’idea del palio pare sia sbocciata dall’estro ironico di Pinot Galizio, quasi una ripicca contro gli astigiani che non permettevano di partecipare al loro palio agli odiati albesi. Il primo Palio degli asini si svolse durante la fiera del 1932: la città era stata divisa in sei borghi con altrettanti borgomastri e concorrenti. Si correva disputando tre giri nella piazza San Giovanni: vinse Vittorio Destefanis, detto Sceriffo, montando il leggendario Tren, che pure vinse le successive edizioni del 1933 e 1934. Poi, senza alcuna spiegazione plausibile, il palio fu sospeso. Si riprese a correre nella memorabile fiera dell’autunno 1945, a guerra appena finita: si corse nel cortile della Maddalena e vinse Lorenzo Rigo (il papà aveva vinto le ultime due edizioni degli anni Trenta) a cavallo di un asino che si chiamava ancora Tren! Nel 1946 e nel 1947 il palio fu ancora corso nel cortile della Maddalena per tornare in piazza San Giovanni nel 1948, e poi, di nuovo senza apparente motivo e malgrado il successo, fu sospeso. Si dovette attendere il 1967 per tornare a vedere lo strambo, ragliante scorrazzamento: questa volta inserito in un grandioso contesto di rievocazioni storiche che viene definito Giostra delle Cento Torri.
Marketing e organizzazione
Accadde quasi per caso che un ammiratore di Rita Hayworth chiese a Morra di far recapitare all’icona hollywoodiana un grande esemplare di tartufo bianco: era il 1949 e quel fatto suggerì al genio albese del marketing il concetto, oggi ormai usato e abusato, delle potenzialità del cosiddetto testimonial. E allora presidenti, leader, attori, attrici e artisti di fama mondiale ricevettero straordinari esemplari di tartufo, gentili omaggi di Giacomo Morra che mai dimenticava di dare ampia eco a stampa, cinema e poi televisione. Alla sua morte, nel 1963, la sua opera era non soltanto in grado di sopravvivere senza il suo creatore, ma addirittura di continuare nel percorso di straordinaria crescita. Oltre ai figli, che ne continuarono l’attività per oltre tre decenni, alcuni straordinari personaggi presero il testimone lasciato da Giacomo e lo «usarono» al meglio: Raoul Molinari, Luciano De Giacomi, Giacomo Oddero e Bruno Ceretto. Durante i pesanti anni Settanta Raoul Molinari prese la direzione della fiera e la seppe trasformare in un’impresa mirata all’esaltazione di un territorio dalle caratteristiche uniche: ogni attività e prodotto agricolo della Langa fu presentato ed esaltato in fiera, come le tradizioni enogastronomiche, la cucina, la ristorazione, la storia e le iniziative folcloristiche, i convegni scientifici, l’arte.
Mercato globale perché territoriale
Nel decennio successivo produttori di Barolo, Barbaresco, Nebbiolo e Barbera cominciarono a girare il mondo portandosi appresso non soltanto i loro vini ma le tradizioni culinarie della loro terra, tra queste, la prima, quella della trifola, esclusiva e non riproducibile altrove. E il tartufo, sempre presente nelle cantine di Langa a soddisfare i palati esigenti di ospiti-clienti provenienti da tutto il mondo. Nel 2003, con lo scopo di organizzare la manifestazione in maniera più razionale, il Comune costituisce l’Ente Fiera Nazionale del Tartufo Bianco d’Alba: è partecipato dal Comune di Alba, dall’Associazione Commercianti Albesi, e dalla Giostra delle Cento Torri. Ne assume la presidenza Alberto Cirio, cui succede Antonio De Giacomi. Oggi è Liliana Allena a presiedere l’ente. Nel frattempo, dal 2007 la fiera è ulteriormente cresciuta acquisendo caratteristiche e riconoscimento internazionale. Dopo oltre ottanta edizioni e una crescita inarrestabile, i numeri della fiera sono formidabili: un visitatore su quattro è straniero e due su tre arrivano da altre regioni italiane. Senza alcun dubbio è l’evento enogastronomico più importante in Italia e tra i più conosciuti al mondo e i ritorni sul territorio, anche a livello regionale, sono incalcolabili. La fiera si articola su otto fine settimana compresi tra la prima metà di ottobre e la seconda di novembre e il suo fulcro è rimasto il Mercato del Tartufo Bianco d’Alba.
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